LIBRO: Il Segno e la Forma. I fondamenti della Fotografia Transfigurativa

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A distanza di due anni dall’uscita di “Rarefaction”, Carlo Riggi pubblica un nuovo libro: “Il Segno e la Forma. I fondamenti della Fotografia Transfigurativa”, per i tipi de Ilmiolibro.it. Un saggio breve, composto per metà di testo e per metà di foto, con una bella nota finale di Giuseppe Pagano.

L’autore descrive il suo modo di concepire la fotografia, nello stile evocativo e immaginifico che abbiamo già conosciuto in altri suoi libri e articoli, con rimandi puntuali alla sua formazione psicoanalitica. Questa volta però con un’ambizione diversa, quella di costituire una vera e propria corrente artistica, quella appunto della Fotografia Transfigurativa, di cui il libro rappresenta il Manifesto.

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“Transfigurare significa andare oltre la rappresentazione, la fotografia è per definizione legata al dato di realtà, ma non trova in esso il suo limite ultimo, semmai lo spunto per avviare derive di significato riguardanti ad un tempo le istanze emozionali dell’autore e i loro ritrovamenti nel campo dei percetti”. Ritroviamo dunque sviluppati i temi forti del pensiero di Riggi, la sua idea di fotografia come pensiero e ricerca di senso, la sua vicinanza alla dimensione del sogno e, in più, la collocazione di questo approccio all’interno di una riconoscibile cornice artistica, ancor più esplicitata dalla seconda parte del libro, che ospita il catalogo di immagini.

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Abbiamo colto l’occasione dell’uscita del libro per porre qualche domanda all’autore.

Sapevamo che non avresti resistito a lungo. Era stato troppo strano vedere un tuo libro senza parole.
“Rarefaction” è stato un passaggio importante, è come se un gorgo di istanze, ancora preverbali, fosse emerso e avesse bisogno di una rappresentazione totalmente delegata alle immagini. Nel frattempo, mentre lo realizzavo, si andava delineando dentro di me con maggior precisione l’idea di fotografia che oggi ha trovato una più compiuta descrizione in questo libro.

Parlaci di questa corrente.
Faccio due premesse. La prima è che per me la fotografia è, senza mezzi termini, una forma d’arte, nonostante molti fotografi mostrino una certa ritrosia verso questa definizione. La seconda è che mi rendo perfettamente conto che inaugurare una corrente artistica sia un’operazione a metà tra la temerarietà e il delirio. Detto questo, io ho provato a mettere nero su bianco una possibilità di fotografia che appartiene a me, ma che riconosco anche in molti altri autori. Una necessità di andare oltre la mera ricerca estetica, che guardi alla fotocamera come un potente strumento di indagine introspettiva.

Il sottotitolo di Rarefaction era “La mia battaglia contro la bellezza”.
Esatto! Siamo invasi da foto straordinarie, gli strumenti moderni mettono chiunque in grado di ottenerne. Il risultato è un’assuefazione che provoca un’anestesia del pensiero, del gusto e delle emozioni. La fotografia non può limitarsi a procacciare semplici ed effimere gratificazioni narcisistiche.

La Fotografia Transfigurativa è un genere preciso?
Direi di no, nel mio modo di vedere è un modo di approcciarsi alla fotografia, applicabile a qualunque genere.

Anche al reportage?
Certo! La funzione del reporter non è più quella di un tempo, oggi l’esigenza principale non è tanto quella di mostrare un evento, funzione che viene assolta ormai da folle di astanti muniti di telefoni cellulari, ma di incuriosire, emozionare, creare interesse intorno ad un argomento, stimolare il desiderio di approfondirlo. Questo non sarebbe possibile se non ci fosse un coinvolgimento emotivo da parte del fotografo. La rappresentazione asettica e oggettiva della realtà è un’utopia, non esiste e non è mai esistita.

Il concetto di arte non rischia di annacquare la specificità della fotografia?
È un rischio, certo. Così come è un rischio cedere alla banalizzazione di alcuni concetti legati all’emozione o alla dimensione onirica della fotografia, che non hanno nulla di romantico, mistico o spirituale, ma che, al contrario, rappresentano specifiche modalità di conoscenza. Nel libro insisto a definire la natura strettamente fotografica di questo approccio. La fotografia parte ineludibilmente dal dato di realtà e, per quanto insaturo possa essere il risultato finale, esso non travalicherà mai i confini dell’astrattismo, pena perdere la sua connotazione. Per me è sempre la materia a imporsi, attraverso l’incontro con una determinazione più o meno consapevole dell’autore, mediato dalla predisposizione strutturale dell’apparecchio in uso. Il tutto entro i limiti della più rigorosa sintassi fotografica, compreso il lavoro di postproduzione.

Quali saranno gli sviluppi della nuova corrente?
Insieme agli amici Agostino Maiello, Giorgio Spoto e Pietro Iacono abbiamo inaugurato un gruppo Facebook, aperto a tutti i fotografi che si riconoscono nel manifesto programmatico. Il gruppo “Fotografia Transfigurativa” ha visto fin dai primi giorni una partecipazione ampia e di altissima qualità. Siamo consapevoli di non avere inventato nulla di nuovo, l’aspirazione della fotografia a farsi linguaggio artistico è antica. Penso però che abbiamo intercettato una sensibilità molto diffusa oggi e, dandole un nome e alcuni elementi di definizione, cerchiamo di sottrarla al flusso della moda estemporanea o, peggio, del manierismo, che è il pericolo più grande di ogni corrente. Mi auguro che questa condivisione virtuale possa portare ad un progressivo affinamento del concetto di fotografia transfigurativa, e che presto si possa dar luogo anche ad iniziative concrete, con delle mostre, un libro, si vedrà.

 

Il Segno e la Forma. I fondamenti della Fotografia Transfigurativa.

Formato 15x23cm, Copertina morbida
88 pagine, 30 fotografie in bianco e nero
Edizione Ilmiolibro.it
Anno 2020
Prezzo Euro 12,00
Acquistabile sul sito: https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/fotografia/538593/il-segno-e-la-forma-2

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